Alessitimia: quando l’emozione c’è ma non ha significato
Sezione a cura della Dott.ssa Chiara Mariani
Alessitimia – I greci sono stati i primi ad impiegare il termine “Alexis thymos” per indicare l’incapacità del soggetto di individuare le parole per verbalizzare le emozioni provate.
A partire da questa prima definizione, l’alessitimia viene caratterizzata come un disturbo che compromette la consapevolezza e la capacità descrittiva degli stati emotivi esperiti, rendendo sterile e incolore lo stile comunicativo (Treccani, 2010).
Pertanto, le persone affette da alessitimia percepiscono a livello corporeo e fisiologico le modificazioni provocate dalle emozioni ma non sono in grado di dare ad esse un senso ed un significato. Per questo non riescono a comprendere ciò che innesca l’emozione, ad interpretare i propri sentimenti e tendono a tradurre in manifestazioni e comportamenti pratici ciò che provano, non riuscendo a comprenderlo, a spiegarselo e a comunicarlo verbalmente agli altri.
Caretti e La Barbera (2005) affermano quindi che le persone che soffrono di alessitimia, non vivono senza emozioni, ma le esprimono attraverso componenti biologiche e comportamentali, senza rappresentarle attraverso processi cognitivi, quali pensieri, immagini e fantasie.
Ma come appare al mondo esterno una persona alessitimica? Se si dovesse tracciarne l’identikit ella apparirebbe fredda, poco empatica, piatta, priva di una vita interiore strutturata fatta dei colori delle emozioni; una persona dominata dal pensiero razionale, che non fantastica, non vive di immaginazione e che ha una ridotta capacità onirica. La sua vita appare equilibrata, ma tendenzialmente è fatta di conformismo rispetto alla società.
Da dove nasce questo disturbo?
Le ricerche dimostrano che la tipologia di relazione che il bambino struttura con il caregiver nei primi mesi di vita abbia un’influenza sullo sviluppo dell’alessitimia, parallelamente ad altri fattori neurobiologici, genetici e sociali. Essa sembrerebbe derivare da una difficoltà della madre nello svolgimento della sua funzione di regolazione affettiva: infatti, se il neonato si confronta con una mamma incapace di accogliere, elaborare, dare un significato e rispecchiare in modo sintonico le esperienze affettive del proprio bambino, quest’ultimo non imparerà a trasformare ed elaborare le emozioni in rappresentazioni mentali, continuando a viverle solo a livello corporeo.
Se non trattata, l’alessitimia, dall’età evolutiva si mantiene nell’età adolescenziale e si intreccia ad ulteriori problematiche: diverse ricerche dimostrano infatti che esista una correlazione tra alessitimia e disturbi alimentari, tra alessitimia e sintomi internalizzati (come ansia e depressione) ed esternalizzati (come comportamenti violenti e impulsività) e con la dipendenza patologica (Artoni et al., 2015).
Questo disturbo incide sulla vita relazionale dell’individuo in quanto l’incapacità di cogliere le proprie emozioni si esplica in una impossibilità di interpretare quelle altrui e quindi di sintonizzarsi con lo stato emotivo dell’altro, riducendo la probabilità che la persona possa instaurare e mantenere relazioni profonde.
La terapia
Lo spazio terapeutico diventa quindi luogo privilegiato per un lavoro su tale difficoltà: il terapeuta può aiutare il paziente a riconoscere le emozioni a fronte di cambiamenti nell’espressione e nel comportamento non verbale, a nominarle e a mentalizzarle, in modo da supportarlo nella lettura delle stesse. Inoltre, la relazione terapeutica diventa modello delle relazioni che il soggetto potrà sperimentare nel mondo esterno: stare in relazione con il terapeuta diventa pertanto un’occasione per interrogarsi sul sé in rapporto all’altro e per esplorare le emozioni reciproche.
BIBLIOGRAFIA
Artoni, G., Atti, M., Giaroli, E. & Paterlini, S.(2015). Alessitimia e psicopatologia: un’analisi evolutiva. State of Mind, il giornale delle scienze psicologiche.
Caretti, V. & La Barbera, D. (2005). Alessitimia. Valutazione e trattamento. Roma: Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore.
Dizionario di Medicina Treccani (2010).
Honkalampi, K., Tolmunenc, T., Hintikkad, J., Rissanena, M. L., Kylmäe, J. & Laukkanenc, E. (2009). The prevalence of alexithymia and its relationship with youth self-report problem scales among Finnish adolescents. Comprehensive Psychiatry, 50, 263–268.
Jurist, E. L. (2018). Tenere a mente le emozioni. La mentalizzazione in psicoterapia. Raffaello cortina editore.
Taylor, G., Bagby, R. M. & Parker, J. D. A. (1997). Disorders of affect regulation. Alexithy-mia in medical and psychiatric illness. Cambridge: Cambridge University. (tr.it. I disturbi della regolazione affettiva. L’alessitimia nelle malattie mediche e psichiatriche. Roma: Fioriti, 2000).